domenica 18 marzo 2018


l'educazione roamana delle origini e il mos maiorum

Sebbene Atene e Roma abbiano in comune un’intensa vita sociale e politica, le diferenze sono consistenti e possono essere ricondotte alla diversa realtà economica. Mentre in una città come Atene sono sviluppate le attività artigianali e mercantili, l’economia romana ha inizialmente soprattutto un carattere agricolo e la sua società è dominata da un’aristocrazia di proprietari terrieri.
. In questa società delle origini predominano i valori della casa e della famiglia. L’educazione non richiede ancora un contesto specializzato, come la scuola, come accade ad Atene, ma avviene all’interno stesso della famiglia o al di fuori sulla base dell’esempio degli adulti e della trasmissione orale.
La trasmissione di valori è fondamentale. Il sentimento a cui si viene educati è
quello della pietas in quanto rispetto per i genitori, gli avi, la patria e le divinità, perché in un mondo contadino anche la religione è componente fondamentale per l’identità di un gruppo. A questi valori, si aggiungono il legame con la propria terra, la dedizione al lavoro, la moderazione, il rispetto della legge e della tradizione. Sono valori più vicini all’areté di Esiodo.
Questo insieme di valori costituisce il mos maiorum, l’esempio che viene dagli antenati.
Dal 451 a.C. il punto di riferimento dell’educazione romana è rappresentato
dalle Dodici tavole, lastre di bronzo esposte nel foro contenenti le leggi fondamentali della città. Esse riassumono i valori propri del mos maiorum:
• rispetto assoluto della tradizione;
• pietas, cioè l’osservanza di regole sia etiche sia religiose tramandate dalle origini;
• rigore morale;
• obbedienza alla legge, basata sulla patria potestas, il potere del padre.
Tutto ciò non riguarda invece la fglia femmina, che resta in casa per imparare a svolgere, sotto la tutela della madre, i lavori domestici.


L'educazione nell' antica Roma

Come per i Greci del periodo classico  anche per i Romani la vita sociale e politica è estremamente intensa. A seconda della loro condizione, i cittadini romani godono di diritti politici, partecipano alle assemblee, rivestono cariche pubbliche, scendono in guerra. Inoltre fanno parte di associazioni sorte per i più diversi motivi: un lavoro comune, il culto dedicato alla medesima divinità, il tifo per la stessa squadra di aurighi ecc. Anche l’educazione è per i Romani un fatto sociale, che integra gli individui
nella vita della città: quindi essa ha un intento civico. Il cittadino romano, infatti, deve sapersi comportare di fronte alla collettività in un modo adeguato: tutto, il modo di parlare, di camminare, di vestirsi, di arredare la casa e ricevere ospiti risponde a certe regole. 
I Greci,  già per l’educazione dei fanciulli parlano di paidéia, che indica un’ampia e complessiva formazione culturale. I Romani, invece, usano il termine educatio per indicare la prima formazione  fnalizzata allo sviluppo delle attitudini fsiche, morali e intellettuali, mentre la formazione culturale vera e propria è rimandata agli anni successivi. 


Agorà

trama: Nell'Alessandria d'Egitto del 391 dopo Cristo, la filosofa Ipazia, ultima erede della cultura antica e forse, in quanto donna, massima espressione di una lunga evoluzione civile e di una libertà di pensiero che non si rivedrà più fino all'epoca moderna, viene travolta dalla crisi di un mondo, quello pagano, che non ha saputo ripensarsi, trovandosi così impreparato di fronte al nascere - e presto al dilagare - di movimenti religiosi sempre più fanatici e intolleranti. Fra questi i "parabolani", la setta cristiana che arriva a distruggere la biblioteca del Serapeo, dove Ipazia lotta insieme ai suoi discepoli per salvare la saggezza del Mondo Antico. Tra questi ultimi, due uomini in lotta per il cuore della filosofa: l'arguto e privilegiato Oreste e Davo, il giovane schiavo di Ipazia, che è diviso tra l'amore segreto per lei e la libertà che potrebbe ottenere se si unisse alla rivolta ormai inarrestabile dei cristiani. Con ostilità implacabile, il vescovo Cirillo attacca senza sosta "l'eretica" Ipazia, fino a condannarla a morte

giovedì 1 marzo 2018

Il mito della caverna di paltone
il mito della caverna, raccontato nel libro VII della Repubblica. Il flosofo greco immagina che alcuni schiavi siano incatenati fn dall’infanzia in una caverna in modo tale da vederne solo il fondo, sul quale sono proiettate le ombre prodotte da statuette che vengono fatte passare alle loro spalle, al di sopra di un muretto, illuminate da un fuoco.
Dalla loro posizione, gli schiavi non vedono le statuette e credono che le ombre siano l’unica e la vera realtà esistente. Uno schiavo, però, si libera e riesce a vedere le statuette, fonte delle ombre; uscito dalla caverna, può capire, quando gli occhi si sono abituati alla luce, che a loro volta le statuette non sono la vera realtà, che è invece al di fuori della caverna. Ma, abbagliato dalla luce, non può vedere le cose subito: deve prima accontentarsi
delle
immagini rifesse nell’acqua, fnché tutto gli appare più chiaro e può alzare lo sguardo addirittura al sole che tutto illumina.
Lo schiavo, identifcabile con Socrate non si accontenta di tenere per sé la scoperta fatta, ma rientra nella caverna per portare la verità agli altri schiavi .
viene inizialmente deriso da chi non crede a una realtà diversa da quella fno allora contemplata, e infne ucciso. Il mito illustra bene il presupposto di fondo di tutta la flosofa di Platone, l’unione tra conoscenza, educazione e politica.



Atene e l'educazione del cittadino
Ad Atene si impone un modello educativo coerente con le istituzioni democratiche che si sono sviluppate e diverso da quello spartano.
ad Atene prevale il principio della Dike, della giustizia: la polis non è fondata sulla forza, ma sulla legge. L’ areté ad Atene coincide dunque con una vita condotta secondo giustizia.
È Solone, legislatore vissuto tra il VII e il VI sec. a.C., a proporre questo ideale anche attraverso i suoi testi poetici: anzi, egli a Dike, la giustizia, sostituisce Eunomia, la buona legge, che egli stesso ha contribuito a introdurre ad Atene. L’areté è intesa come virtù civica: una forma di rispetto e dedizione verso lo Stato e le leggi, considerati beni superiori da conservare con ogni sforzo. 
Quindi vengono coltivate, oltre all’educazione fsica e alla musica, come a Sparta, anche la lettura e la scrittura. La scuola è però per lo più privata. 
I ragazzi vengono accompagnati a scuola da uno schiavo, il pedagogo, letteralmente “colui che guida il fanciullo”, mentre le ragazze restano in casa, a diferenza di quanto avviene a Sparta. Il ciclo formativo ateniese si articola in diverse fasi:
• formazione in famiglia fno ai 7 anni; 

• dai 7 anni fno ai 14 i maschi vanno a una scuola elementare di quartiere o a una scuola privata;
• dopo le elementari alcuni ragazzi seguono corsi di studio superiori per quattro anni;
• al compimento dei diciotto anni di età avviene l’ingresso nella scuola militare, dove si resta fno ai venti anni. 


 Sparta e l'educazione del soldato

La società spartana è divisa in tre classi: degli spartiati, i cui membri godono di pieni diritti politici e possono dedicarsi all’attività militare e alla guerra, ma non possono svolgere alcun’altra attività; i perièci, uomini liberi, artigiani e commercianti, ai quali è permesso avere proprietà, ma sono privi di diritti politici, in quanto non sono considerati cittadini. 
L’altra classe spartana è quella degli ilòti, schiavi senza alcun diritto, che in genere sono contadini.
A Sparta la formazione è scandita in questo modo, per i bambini che hanno superato la “selezione” iniziale  .
• in famiglia dalla nascita fno ai 7 anni d’età; 
• dai sette anni in poi lo Stato sottrae i fgli maschi alle famiglie, inserendoli in fratellanze, gruppi che cambiano per fasce d’età: fanciulli (7-11 anni); ragazzi (12-15 anni); éirenes o efebi (16-20): si tratta di scuole militari;
 • a 20 anni i giovani fanno ingresso nell’età adulta. 
A Sparta anche le ragazze vanno a scuola all’età di 6-7 anni, entrando in sorellanze. Forse ricevono un’educazione molto simile a quella dei maschi, sottoposte a dure prove: lo scopo è di temprare i loro corpi afnché partoriscano fgli forti. Da questo punto di vista, Sparta costituisce un’eccezione rispetto al resto del mondo greco, sia per l’educazione femminile sia per la stessa condizione delle donne, che godono di maggiore libertà.


L'educazione nel mondo Greco
La civiltà greca si sviluppa in un contesto diverso da quello delle prime grandi civiltà che abbiamo studiato nell’Unità precedente: non nasce infatti in fertili pianure attraversate da grandi fumi, ma in un territorio particolare, diviso tra piccole isole e zone montuose continentali. Le testimonianze più antiche di una qualche forma di educazione provenienti
da quest’area sono i miti. In particolare sono giunti fno a noi due poemi, la cui versione fnale risale al VII secolo a.C.: l’Iliade e l’Odissea.
sione fnale risale al VII secolo a.C.: l’Iliade e l’Odissea.
I poemi sono grandi narrazioni di personaggi eroici. Si presentano quindi
come una forma di intrattenimento, ma al loro interno contengono informazioni sugli dei, l’origine del mondo, la navigazione, le tattiche di guerra ecc.
L’Iliade racconta l’assedio della città di Troia, in Asia Minore (l’attuale Turchia),
a opera degli Achei: qui ci troviamo di fronte all’areté guerriera. Gli eroi sono esempi, modelli educativi di virtù belliche: inseguono onore e fama. 
L’Odissea narra invece delle peregrinazioni attraverso il Mediterraneo di Ulisse
(l’astuto e valoroso combattente che ha escogitato lo stratagemma del cavallo di legno per espugnare la città di Troia). Ulisse, con i propri compagni, si trova in situazioni difcili che richiedono, oltre al coraggio e alla forza, una buona dose di astuzia e intelligenza.  

                                                                    Alla scuola di Gesù  In, seguito le parole: si avvicinarono a lui i di...